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La seconda vita di Christiane F.

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Questo pezzo è uscito sul Venerdì di Repubblica. (Fonte immagine)

Trentacinque anni dopo Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino Christiane F., vero nome Christiane Vera Felscherinow, torna a raccontare di sé. Nel 1978 erano stati i giornalisti Kai Hermann e Horst Rieck a intervistarla e a chiederle di fare di quell’intervista un lungo reportage pubblicato prima sulla rivista Stern e poi nello straordinario libro destinato a diventare best-seller e strepitoso film (di David Bowie la bellissima colonna sonora). Nel 2013 Christiane viene intervistata da Sonja Vukovic, e per la seconda volta una sua intervista diventa reportage e libro. Io, Christiane F. La mia seconda vita (Rizzoli, traduzione di Chicca Galli, pagg. 300, 17 euro), uscito lo scorso ottobre in Germania e adesso in Italia, ripercorre la vita della donna partendo da lì dove l’avevamo lasciata: una cava di calce nello Schleswig-Holstein, “un buco pazzesco dentro il paesaggio” da dove lei e i suoi amici non volevano più ritornare.

Da allora a oggi ci sono, in ordine cronologico: l’incredibile successo del libro e del film, la prima volta negli States, l’amicizia con Nina Hagen, una temporanea carriera musicale insieme al compagno Alexander Hacke, chitarrista degli Einstürzende Neubauten, nel duo Sentimentale Jugend (Gioventù sentimentale), qualche film indipendente (da attrice), l’incontro con David Bowie, un soggiorno in Svizzera a casa della pittrice Anna Keel, un arresto per detenzione di stupefacenti, un lungo soggiorno in Grecia (dal 1987 al 1993) insieme al fidanzato Panadiotis. I due sono pronti a sposarsi, ma due giorni prima della cerimonia Panadiotis viene arrestato e Christiane se ne torna a Berlino. Nel 1996 ha un figlio, Jan Niklas. Nel 2007 appare in televisione dichiarando di avere smesso di assumere eroina e di essere affetta da una forma cronica di epatite. Nel 2008 ha una ricaduta in seguito alla quale le viene sottratta la custodia del figlio che viene trasferito in una casa famiglia nel Brandeburgo. Attualmente trascorre con il figlio tutti i fine settimana e continua a battersi per riottenerne la custodia a tempo pieno.

Questo e altro racconta con autenticità e schiettezza, senza che mai questa sua vita post-Christiane F. appaia anche solo minimamente romantica. La dipendenza da eroina, l’epatite, la perdita della custodia di un figlio, niente di tutto questo è romantico. Se le racconti non è per affascinare ma per denunciare. Denunci la presenza scomoda, imbarazzante e taciuta dell’eroina, tra i giovanissimi e tra gli adulti, negli anni settanta e oggi, a Berlino e altrove nel mondo. E ne denunci gli effetti collaterali, clinici e sociali. Denunci le droghe che a tredici anni potevi e puoi trovare nei bagni di una discoteca: hascisc, mandrax, valium, efedrina, captagon, acidi, eroina. Denunci e dici che a tredici anni c’era e c’è gente che si fa di eroina. E che c’era e c’è gente che vende eroina ai tredicenni. E nessuno sa mai cosa fare.

Nell’immaginario di una ragazzina di tredici anni una discoteca è tutto un luccichio. Di fatto il Sound di Berlino nel 1975 era una cantina con un soffitto bassissimo, rumorosa e sporca. Puzzava. In pista ognuno ballava per i fatti suoi, strafatto di qualunque cosa. Dell’amatissimo Noi resta oggi, evocato dall’Io, la memoria affatto bella della prima eroina sniffata da Christiane a tredici anni a un concerto di David Bowie, suo idolo assoluto: “Era il 18 aprile 1976, un mese prima del mio quattordicesimo compleanno. Questa data non la dimenticherò mai”.


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